La decisione del tribunale riguardo alla collocazione del minore dopo la separazione dei genitori non è mai definitiva e immutabile. Se sopravvengono, infatti, circostanze nuove, tali da far ritenere più rispondente al benessere del figlio che egli abiti in modo prevalente con l’altro genitore, il giudice può legittimamente disporre un’inversione del collocamento. Ciò può avvenire, ad esempio, quando il genitore collocatario del bambino, avendo intrapreso una nuova convivenza, aspetti un altro figlio da tale relazione. È quanto emerge da una recente pronuncia della Cassazione [1].
Per meglio comprendere le conclusioni della Corte giova fare riferimento al caso specifico, di sicuro non lontano da una realtà che vede sempre più spesso nascere nuovi nuclei familiari in seguito alla rottura delle precedenti relazioni.
La vicenda Nel caso in esame, il giudice del divorzio aveva disposto la collocazione di un bambino presso il padre dopo il trasferimento dell’ex moglie in un’altra città, dando incarico ai servizi sociali di coordinare la gestione e la programmazione delle visite del figlio con la madre. La donna appellava la sentenza chiedendo che il bambino vivesse con lei, considerato che l’uomo era in attesa di un altro figlio dalla nuova compagna con la quale aveva iniziato a convivere; richiesta questa che veniva accolta dai giudici d’appello. La decisione La Cassazione confermava la suddetta pronuncia, condividendo la tesi secondo cui, in un periodo di particolare importanza per il bambino quale quello dell’avvio alla scolarizzazione, fosse maggiormente tranquillizzante per quest’ultimo la stabile permanenza presso la famiglia della madre; qui, infatti, il minore avrebbe costituito “l’unico centro di attenzione”, quando invece nel nucleo familiare del padre le attenzioni si sarebbero inevitabilmente riversate sul bebè in arrivo. Se pure infatti facevano parte del nucleo materno anche due figli nati da un precedente matrimonio, essi erano comunque maggiorenni. La decisione accolta dai giudici della Corte ha alla base una comparazione tra le caratteristiche dei due nuclei familiari (uno costituito da altri due figli in età ormai adulta e l’altro in attesa della nascita di un altro bambino) e attribuisce un ruolo decisivo alle maggiori attenzioni di cui il minore avrebbe potuto costituire oggetto nell’ambiente materno, in un momento estremamente delicato per la sua crescita. E, difatti, la pronuncia chiarisce che il genitore collocatario va individuato sulla base di un giudizio circa la capacità dello stesso di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione venutasi a creare dopo la fine del matrimonio. Tale giudizio va formulato sulla base di elementi concreti, quali: – le concrete modalità di svolgimento dei compiti svolti da ciascun genitore; – la rispettiva capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione e di disponibilità ad un rapporto assiduo col figlio; – la personalità del genitore; – le sue consuetudini di vita; – nonché l’ambiente socio- familiare che egli può offrire al minore. In ultimo la Corte – richiamandosi a sue precedenti pronunce [2] – ricorda che, nell’adottare i provvedimenti riguardanti i minori, il magistrato deve aver riguardo all’esclusivo interesse morale e materiale dei figli che impone di privilegiare, tra le eventuali soluzioni praticabili, quella che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del bambino.
[1] Cass. sent. n. 18817/15 del 23.09.2015.
[2] Cfr. Cass. sent. n. 14840/06 e n. 6312/99.